Michela Frare
“E l’universo voleva aiutarmi davvero, perché all’improvviso ripartì tutto e mi venne affidata la china della graphic novel di Ratatouille, Remì il topolino mi portò fortuna e da quel momento tornai a vivere il mio sogno”.
Quando da piccola mi chiedevano cosa volessi essere da grande, la mia risposta era semplice, volevo diventare una disegnatrice di cartoni animati, si perché io sono cresciuta nell’epoca d’oro della tv per bambini, i magici anni 80, anni in cui c’era Bim Bum Bam e tutti i cartoni animati che mi hanno fatto sognare ed innamorare.
Sono cresciuta disegnando qualunque cosa, i diari scolastici erano tutti pieni di disegni dei miei personaggi preferiti, ed io sognavo di andare in Giappone a lavorare nell’animazione, ma un bel giorno ho dovuto fare i conti con la realtà! Da piccoli i sogni non hanno confini, ma da grandi ti rendi conto che i confini esistono eccome, ma non sempre diventano invalicabili.
La mia passione per il disegno era troppo grande per non provare a seguire il mio sogno, ma ho capito che l’animazione giapponese non era la mia strada, e così ho coltivato la passione per il fumetto.
Un episodio della mia infanzia legato alle scuole elementari, c’era un concorso indetto per il gas metano, e ci partecipavano le classi di quarte e quinte delle elementari, ognuno doveva fare un disegno da solo, senza aiuto dei genitori, ed io realizzai il mio, me lo ricordo ancora come fosse ieri.
Quando consegnammo i disegni alla maestra, lei era convinta che quel disegno non fosse stato fatto da me, bensì ma da mia madre e quindi senza neanche accertarsi della cosa, mi escluse dalla gara e non inviò il mio disegno…Io ci rimasi così male, ma così male che oltre ai pianti, mi rimase indelebile il ricordo.
Quando mia mamma lo seppe andò a parlare con la maestra, che le ribadì il suo concetto, ma quando mia madre le disse che non mi aveva aiutato nessuno e che era tutta farina del mio sacco, allora la maestra ancora scettica mi fece rifare lo stesso disegno in classe, io lo feci senza battere ciglio, e lei rimase di sasso.
A nulla valsero le sue scuse, io mi sentivo profondamente ferita e per un bambino di 9 anni posso assicurarvi che a nulla servono le scuse in un caso come questo, perché la ferita che rimane è ben più profonda. Dopo più di trent’anni ancora è impressa in me nella memoria.
“La mia famiglia mi ha sempre appoggiato nella mia passione e dopo le scuole superiori ho iniziato il mio percorso nel mondo del fumetto, frequentando la scuola romana del fumetto. Da lì iniziò tutto…”
Come tutti nel mondo del lavoro si attraversa una prima fase come gavetta, perché finché sei a casa e disegni per piacere personale tutto è bello e magico, non hai scadenze, non hai un “capo”, non hai vincoli…ma quando questa passione la vuoi trasformare in lavoro, allora cambia tutto.
Si perché questo lavoro è impegno, perché devi sempre dare il massimo in ogni cosa che fai, dedizione, perché ci vuole grande costanza, arrabbiatura, perché non sempre le cose vengono come vorresti e non sempre trovi persone competenti, umiltà, perché bisogna saper vedere i propri limiti e accettare le critiche anche se non sempre sono costruttive, è grande sacrificio, perché ci sono dei tempi di consegna da rispettare, e non importa se domani è domenica o se è una festività comandata, o se devi fare nottata, perché se la consegna è domani la pagina va consegnata.
C’è ancora un ingrediente che manca e che è il collante di tutto questo, ed è la passione, perché se c’è questa allora si cancella tutta la fatica, le nottate, le arrabbiature, gli errori, le ramanzine e ti fa innamorare del tuo lavoro ogni giorno di più.
Per un mese abbondante la mia sveglia è suonata alle 3 del mattino e andavo a dormire verso mezzanotte per poter garantire la consegna di un lavoro, i miei collaboratori mi chiedevano come facessi a sostenere quei ritmi, e la mia risposta è stata: è il mio lavoro e lo amo anche per questo.
Il primo ed unico motore di questo lavoro è la passione, se lo ami veramente allora puoi riuscire a fare la differenza, perché accompagnata alla bravura diventa una miscela esplosiva.
Nel corso della mia esperienza ormai ventennale in questo mondo, ho visto tanti artisti cimentarsi, molti bravissimi, ma che non facevano questo lavoro con amore, e con la giusta umiltà, e questo nel tempo ha portato ad una scrematura naturale, e ho visto artisti meno bravi tecnicamente ma dotati di una passione e di una grande umiltà arrivare davvero lontano e diventare qualcuno.
Mi ricordo che quando mi si presentò l’occasione di entrare ufficialmente a lavorare nel mondo del fumetto rimasi destabilizzata, perché, come dissi, ero cresciuta con il mito giapponese e disegnavo quello dalla mattina alla sera, ed ora invece quello che mi si presentava davanti era un panorama stilistico completamente differente e diametralmente opposto: Disney!
All’inizio al solo pensiero ero riluttante alla cosa, ma poi quando mi avvicinai a questo mondo ne rimasi a dir poco folgorata! Me ne innamorai come mai prima d’ora e tutto quello che desideravo da quel momento in poi era disegnare per Disney.
Ho quindi iniziato a lavorare per Disney nel 1997, dapprima come inchiostratrice di un altro artista, poi dal 2000 anche come disegnatrice per le storie di Topolino, e da lì iniziò la mia avventura in questo magico mondo.
Come dicevo quello del fumettista è un mondo che nasconde tante insidie, ed io ne ebbi diversi assaggi! Mi ricordo che ci fu un momento di grande sconforto, nel 2003 ci fu un avvicendamento ai vertici della Disney Italia, e vennero fatte diverse scelte di mercato che penalizzarono i nuovi entrati, per cui per diversi anni non ebbi la possibilità di disegnare nuove storie per Topolino, e questo significava non portare a casa il soldo.
Questa fase di stasi durò quasi 3 anni, decisamente i tre anni più difficili per me, perché non volevo arrendermi, non volevo rinunciare alla mia passione, non potevo pensare che il mio sogno si fosse già interrotto, che avrei dovuto cambiare lavoro, non lo concepivo, non poteva essere possibile, perché io mi sentivo nata per fare questo nella vita. Fino a quel momento la mia famiglia mi aveva sempre appoggiata, ma questa volta per la prima volta arrivai a trovarmi da sola… Anche mia madre e mio padre iniziarono a dirmi che avrei dovuto cambiare lavoro, che potevo andare a lavorare in un supermercato come mio fratello, che non aveva più senso seguire la mia passione perché non mi avrebbe più portato da nessuna parte.
Io mi ritrovai sola in questo delicato momento, mi rimase accanto solo Emanuela una mia carissima amica, che mi disse che credeva in me, non dovevo arrendermi, e così feci, non mi arresi!
C’è una frase del mio scrittore preferito Paulo Coelho che dice “quando vuoi davvero qualcosa, l’intero universo cospira affinché chi lo desidera con tutto sé stesso possa riuscire a realizzare i propri sogni, per quanto sciocchi possano sembrare. Perché sono nostri e soltanto noi sappiamo quanto ci costa sognarli.”
E l’universo voleva aiutarmi davvero, perché all’improvviso ripartì tutto e mi venne affidata la china della graphic novel di Ratatouille, Remì il topolino mi portò fortuna e da quel momento tornai a vivere il mio sogno.
Da Ratatouille ad oggi ne ho fatta di strada e ho avuto la possibilità di lavorare con e per grandissimi artisti di fama internazionale curando per loro le chine dei loro disegni, ma anche di grandi successi personali disegnando in prima persona progetti molto importanti oltreoceano.
Nel giugno 2010 in uno dei miei viaggi a Milano in Disney, mi sono imbattuta in una collega mentre stavo in Accademia, Angela Capolupo, abbiamo cominciato a chiacchierare, lei era già una bravissima colorista e c’è stata empatia da subito.
Siamo rimaste in contatto e dopo pochissimi mesi abbiamo deciso di unire le nostre forze creando ad ottobre MAAW illustration studio.